
Il Sottosegretario Ferri al Consiglio delle Regioni dell'UCIIM
di: Redazione
Il Sottosegretario del Ministero della Giustizia Cosimo Maria Ferri ha partecipato ieri mattina al Consiglio delle Regioni dell'Unione cattolica insegnanti, dirigenti, educatori e formatori (Uciim), riconosciuta dal Miur come ente qualificato per la formazione del personale della scuola, tenutosi a Pontremoli. Il Sottosegretario si è soffermato in particolare sui temi che legano strettamente il mondo della scuola con la giustizia e la legalità, ha affrontato il tema del bullismo nelle scuole ed infine ha trattato l'importanza della formazione scolastica nelle carceri. In particolare, Ferri ha dichiarato: "in un paese moderno, infatti, non è pensabile sviluppare un’autentica cultura della legalità senza partire dalle scuole, che sono per definizione il luogo in cui si apprende il rispetto dell’altro e delle diversità, l’osservanza delle regole, in una costante ottica di formazione di una coscienza morale e civica dell’alunno, nonché di prevenzione di comportamenti antisociali. In particolare, un tema delicato è quello del bullismo, che si configura come un fenomeno dinamico, multidimensionale e relazionale, che riguarda non solo l’interazione del prevaricatore con la vittima, che assume atteggiamenti di rassegnazione, bensì anche di tutti gli appartenenti allo stesso gruppo con ruoli diversi. Per riconoscere i segnali precursori di comportamenti a rischio e fronteggiare atteggiamenti che sfociano in forme di discriminazione e di violenza, è necessario attivare strategie di intervento volte a evitare conseguenze gravi non solo sul piano psicologico ma anche sul piano penale. La strategia migliore per combattere il bullismo nelle scuole è appunto la prevenzione, alla base della quale c’è la promozione di un clima emotivo, sociale e culturale in grado di scoraggiare sul nascere i comportamenti di prevaricazione, prepotenza e denuncia. Dobbiamo procedere su alcune linee guida: progettazione di un organizzazione scolastica che favorisca comportamenti responsabili da parte di tutti i soggetti coinvolti; migliore formazione del personale scolastico per migliorare la qualità del sistema di istruzione, con la creazione di un sistema di tutela sociale e di ripristino dei diritti lesi; favorire la reintegrazione sociale di tutti i protagonisti dei fenomeni di aggressività; infine, predisporre rapporti di collaborazione con altri enti e istituzioni del territorio con cui la scuola deve interfacciarsi." Per quanto concerne il tema dell'istruzione in carcere per i minori, Ferri ha sottolineato che: "ritengo fondamentale creare anzitutto un percorso educativo, che si esplichi non solo nell’insegnare a non violare più le norme, ma anche e soprattutto nell’educare alla libertà: a riconquistarla, a viverla in modo proficuo per sé e per gli altri. Educare alla libertà significa insegnare a vivere il quotidiano, favorire la crescita, spingere il minore ad assumersi le responsabilità delle scelte che compie e delle conseguenze che queste comportano. Non basta far conoscere le regole: il minore deve essere in grado, poi, di operare una scelta tra il rispetto o la violazione delle norme. In sostanza, il tentativo è di spingerlo verso un cammino di consapevolezza, autonomia, coscienza e, in senso più ampio, di crescita Un tema fondamentale è quello dell'accompagnamento dei detenuti all'uscita dagli istituti di pena, soprattutto dei più fragili tra questi, di quelli con minori possibilità e minori relazioni con l'esterno delle carceri. Bisogna capire quali percorsi offrire a chi si appresta a passare “dal dentro al fuori”. Meno queste persone vengono abbandonate, più vengono seguite e accompagnate da un prezioso lavoro di cura e minori saranno i rischi di recidiva e, quindi, maggiori i benefici per loro stessi e per la società intera." Ferri ha anche aggiunto: "insegnare nelle carceri è una sfida che voglia può raccogliere per perseguire le giuste finalità della detenzione.Di primaria importanza è poi il concetto di "carcere aperto", che, da una parte, individua le celle come mero luogo di pernottamento, lasciando che la vita del detenuto si svolga al di fuori di esse e, dall’altra, ribadisce il dovere dell’Amministrazione di creare le condizioni per un "trattamento penitenziario conforme a umanità e dignità", ponendo come punto focale della propria azione la centralità della persona detenuta e la garanzia dei diritti fondamentali, in conformità ai principi costituzionali di presunzione di non colpevolezza degli imputati e di finalizzazione della pena alla rieducazione del condannato. La finalità della scuola in carcere è soprattutto “trattamentale e rieducativa”: la frequentazione delle aule scolastiche rappresenta, infatti, per i detenuti un’occasione per rivedere criticamente i propri vissuti. Istruzione in carcere significa anzitutto “rieducazione alla convivenza civile”…“con azione positive che aiutino a rivedere il proprio percorso di vita”, come ribadito da diverse formulazioni normative. Occorre, tuttavia, contemporaneamente evitare che gli insegnanti possano decidere della libertà dei condannati, limitando le competenze dei docenti agli aspetti strettamente didattici e consentendo, così, di mantenere la cultura in uno spazio aperto e quanto più possibile libero da ipocrisia e simulazioni. Garantire il diritto allo studio nelle carceri significa anzitutto garantire ai detenuti la possibilità effettiva di studiare mediante l’attivazione di corsi scolastici accessibili a tutti e in grado di soddisfare le numerose esigenze, nonché creare condizioni che consentano agli studenti la possibilità materiale di applicarsi nello studio. In alcuni istituti penitenziari i detenuti sono ancora posti di fronte alla scelta tra studio e lavoro, talvolta per esigenze meramente amministrative o trattamentali: è necessario fare in modo che le due attività, che corrispondono a diritti costituzionalmente garantiti, non si sovrappongano e sia data ad ogni detenuto la possibilità di studiare e, insieme, lavorare."
Pubblicato il 21 settembre 2015
di: Redazione
Il Sottosegretario del Ministero della Giustizia Cosimo Maria Ferri ha partecipato ieri mattina al Consiglio delle Regioni dell'Unione cattolica insegnanti, dirigenti, educatori e formatori (Uciim), riconosciuta dal Miur come ente qualificato per la formazione del personale della scuola, tenutosi a Pontremoli. Il Sottosegretario si è soffermato in particolare sui temi che legano strettamente il mondo della scuola con la giustizia e la legalità, ha affrontato il tema del bullismo nelle scuole ed infine ha trattato l'importanza della formazione scolastica nelle carceri. In particolare, Ferri ha dichiarato: "in un paese moderno, infatti, non è pensabile sviluppare un’autentica cultura della legalità senza partire dalle scuole, che sono per definizione il luogo in cui si apprende il rispetto dell’altro e delle diversità, l’osservanza delle regole, in una costante ottica di formazione di una coscienza morale e civica dell’alunno, nonché di prevenzione di comportamenti antisociali. In particolare, un tema delicato è quello del bullismo, che si configura come un fenomeno dinamico, multidimensionale e relazionale, che riguarda non solo l’interazione del prevaricatore con la vittima, che assume atteggiamenti di rassegnazione, bensì anche di tutti gli appartenenti allo stesso gruppo con ruoli diversi. Per riconoscere i segnali precursori di comportamenti a rischio e fronteggiare atteggiamenti che sfociano in forme di discriminazione e di violenza, è necessario attivare strategie di intervento volte a evitare conseguenze gravi non solo sul piano psicologico ma anche sul piano penale. La strategia migliore per combattere il bullismo nelle scuole è appunto la prevenzione, alla base della quale c’è la promozione di un clima emotivo, sociale e culturale in grado di scoraggiare sul nascere i comportamenti di prevaricazione, prepotenza e denuncia. Dobbiamo procedere su alcune linee guida: progettazione di un organizzazione scolastica che favorisca comportamenti responsabili da parte di tutti i soggetti coinvolti; migliore formazione del personale scolastico per migliorare la qualità del sistema di istruzione, con la creazione di un sistema di tutela sociale e di ripristino dei diritti lesi; favorire la reintegrazione sociale di tutti i protagonisti dei fenomeni di aggressività; infine, predisporre rapporti di collaborazione con altri enti e istituzioni del territorio con cui la scuola deve interfacciarsi." Per quanto concerne il tema dell'istruzione in carcere per i minori, Ferri ha sottolineato che: "ritengo fondamentale creare anzitutto un percorso educativo, che si esplichi non solo nell’insegnare a non violare più le norme, ma anche e soprattutto nell’educare alla libertà: a riconquistarla, a viverla in modo proficuo per sé e per gli altri. Educare alla libertà significa insegnare a vivere il quotidiano, favorire la crescita, spingere il minore ad assumersi le responsabilità delle scelte che compie e delle conseguenze che queste comportano. Non basta far conoscere le regole: il minore deve essere in grado, poi, di operare una scelta tra il rispetto o la violazione delle norme. In sostanza, il tentativo è di spingerlo verso un cammino di consapevolezza, autonomia, coscienza e, in senso più ampio, di crescita Un tema fondamentale è quello dell'accompagnamento dei detenuti all'uscita dagli istituti di pena, soprattutto dei più fragili tra questi, di quelli con minori possibilità e minori relazioni con l'esterno delle carceri. Bisogna capire quali percorsi offrire a chi si appresta a passare “dal dentro al fuori”. Meno queste persone vengono abbandonate, più vengono seguite e accompagnate da un prezioso lavoro di cura e minori saranno i rischi di recidiva e, quindi, maggiori i benefici per loro stessi e per la società intera." Ferri ha anche aggiunto: "insegnare nelle carceri è una sfida che voglia può raccogliere per perseguire le giuste finalità della detenzione.Di primaria importanza è poi il concetto di "carcere aperto", che, da una parte, individua le celle come mero luogo di pernottamento, lasciando che la vita del detenuto si svolga al di fuori di esse e, dall’altra, ribadisce il dovere dell’Amministrazione di creare le condizioni per un "trattamento penitenziario conforme a umanità e dignità", ponendo come punto focale della propria azione la centralità della persona detenuta e la garanzia dei diritti fondamentali, in conformità ai principi costituzionali di presunzione di non colpevolezza degli imputati e di finalizzazione della pena alla rieducazione del condannato. La finalità della scuola in carcere è soprattutto “trattamentale e rieducativa”: la frequentazione delle aule scolastiche rappresenta, infatti, per i detenuti un’occasione per rivedere criticamente i propri vissuti. Istruzione in carcere significa anzitutto “rieducazione alla convivenza civile”…“con azione positive che aiutino a rivedere il proprio percorso di vita”, come ribadito da diverse formulazioni normative. Occorre, tuttavia, contemporaneamente evitare che gli insegnanti possano decidere della libertà dei condannati, limitando le competenze dei docenti agli aspetti strettamente didattici e consentendo, così, di mantenere la cultura in uno spazio aperto e quanto più possibile libero da ipocrisia e simulazioni. Garantire il diritto allo studio nelle carceri significa anzitutto garantire ai detenuti la possibilità effettiva di studiare mediante l’attivazione di corsi scolastici accessibili a tutti e in grado di soddisfare le numerose esigenze, nonché creare condizioni che consentano agli studenti la possibilità materiale di applicarsi nello studio. In alcuni istituti penitenziari i detenuti sono ancora posti di fronte alla scelta tra studio e lavoro, talvolta per esigenze meramente amministrative o trattamentali: è necessario fare in modo che le due attività, che corrispondono a diritti costituzionalmente garantiti, non si sovrappongano e sia data ad ogni detenuto la possibilità di studiare e, insieme, lavorare."
Pubblicato il 21 settembre 2015